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"Negli ultimi anni fortunatamente, e in un certo senso fatalmente, i riconoscimenti dell'importanza di Dino Risi e della sua filmografia si sono moltiplicati con una velocità impressionante. Sembrano davvero appartenere a un'altra epoca le pervicaci sottovalutazioni, il malcelato disprezzo e il paternalismo altezzoso che hanno accompagnato gran parte della carriera del più eclettico, il più incisivo e il più blasé dei maestri della commedia all'italiana (genere anch'esso recuperato con mille distinguo e robuste "disinfestazioni" dei suoi ipotetici peccati originali). Non sono poche, ormai, le monografie, le voci dei dizionari, le tesi di laurea e le rassegne che hanno proceduto con competenza e convinzione sulla strada aperta da precursori del calibro di Aprà, Codelli, Viganò e consolidata dal sottoscritto sull'abbrivio di una memorabile edizione del festival del Nuovo Cinema di Pesaro all'inizio degli anni Novanta. A dire la verità, pur riconoscendo la modifica radicale della prospettiva critica e dell'inquadramento storico, sembra, però, che il nuovo Risi sia finito dritto nel solito scaffale di vaghezza cerimoniosa caro a qualche trasformista e quasi tutti i neofiti della critica. Ne consegue, così, la necessità di restare vigili affinché, a proposito della personalità del romanizzato regista milanese, i più giovani tra i cinefili e gli attuali spettatori non si ritrovino informati sommariamente e/o erroneamente o addirittura disinformati a bella posta in nome e per conto dei diktat di sterilizzazione progressistico-unanimistici. Questo saggio scritto da Alessandro Ticozzi è un ottimo esempio della tendenza opposta: documentato, piano, equilibrato e, soprattutto, utile al semplice lettore così come allo specialista in quanto alieno dal gergo intimidatorio e dalle circonvoluzioni retoriche ampiamente in uso nella saggistica cinematografica di ieri, di oggi e di sempre." (dalla Prefazione di Valerio Caprara)